Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto presentano i risultati del questionario lanciato a marzo. Oltre 3mila le risposte ricevute con una partecipazione che va oltre ogni più rosea aspettativa
Venezia Mestre, 28 giugno 2023. Tempistiche eterne o comunque incerte. Cittadini che attendono da mesi la chiamata del Cup per conoscere la data dell’appuntamento, altri costretti a prenotare visite ed esami a pagamento. Utenti che rinunciano addirittura alla prestazione sanitaria mossi anche da motivazioni economiche. È una fotografia molto problematica quella scattata dai sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil del Veneto su uno dei principali problemi della sanità regionale, le liste d’attesa. E risulta ancora più allarmante considerando l’altissimo numero di persone (oltre 3mila) che hanno partecipato al questionario promosso da Spi, Fnp e Uilp, a dimostrazione di quanto il tema sia sentito e diffuso.
Il campione dell’indagine. Al questionario, aperto dal 24 marzo al 2 maggio, hanno risposto 3.296 persone, con una partecipazione che ha superato ogni più rosea aspettativa. Le esperienze di prenotazione raccolte sono state 3.047, costituendo il campione effettivo che è composto per il 52% da uomini e per il 48% da donne. Circa il 68% dei partecipanti ha più di 65 anni. Per quanto riguarda le aziende sanitarie, il 20% degli utenti coinvolti fa riferimento all’Ulss 2 (Marca Trevigiana), il 17% all’Ulss 6 (Euganea), il 13% all’Ulss 9 (Scaligera), un altro 13% all’Ulss 3 (Serenissima) e un ultimo 13% all’Ulss 5 (Polesana), il 9% all’Ulss 8 (Berica), il 7% alla 7 (Pedemontana), il 4% alla 1 (Dolomiti) e ancora un 4% alla 4 (Veneto Orientale). Nella maggior parte dei casi (il 33%) la prescrizione afferisce a diagnostica per immagini, mentre per quanto riguarda la classe di priorità, il 40% delle richieste è di tipo D (entro 30 giorni), il 28% di classe P (entro 60/90 giorni), l’13% di classe B (entro 10 giorni).
Prenotare? Un’impresa. Il 70% di chi, negli ultimi sei mesi, ha contattato il proprio Cup per prenotare una prestazione sanitaria, non è riuscito a fissarla subito. Fra questi, la stragrande maggioranza (il 77%) ha una prescrizione non urgente, ma non mancano persone che hanno fallito la prenotazione per visite più urgenti (il 68%). Circa 3 su 4 hanno ricevuto la rassicurazione che sarebbero stati inseriti in lista d’attesa e ricontatti in un successivo momento. Risultato? Oltre metà di loro sta ancora attendendo una comunicazione a riguardo. Ma solo il 18% degli utenti che hanno subito tale disservizio ha presentato reclamo, pensando presumibilmente che non sarebbe servito a nulla.
Pagare o rinunciare. È chiaro, dunque, che una fetta rilevante di cittadini veneti si ritrova a lottare ogni giorno con un meccanismo rallentato anche dalla pandemia e incapace di riprendersi, al di là degli annunci da parte della Regione. E così i soggetti che non riescono a prenotare devono trovare altre soluzioni. Il 41% ha deciso di effettuare la prestazione a pagamento in una struttura pubblica (14%) o privata (27%). Nel dettaglio, fra chi dichiara di non essere stato inserito nelle liste d’attesa, il 54% ha optato per una prestazione a pagamento (38% in strutture private, 17% in pubbliche). E il restante 59%, cos’ha fatto? Si teme purtroppo che una parte rilevante di questi abbia rinunciato alla prestazione.
Classi di priorità. Il questionario si è poi concentrato solo sui cittadini che sono riusciti a essere inseriti nelle liste d’attesa. Incrociando i dati del questionario emerge che il 74% dei soggetti con una priorità entro i trenta giorni (classe U, B e D) e il 62% di chi aveva una ricetta con una priorità entro i tre mesi (P) non sono riusciti a effettuare la prestazione nei tempi previsti neppure ricorrendo al “privato”.
Tempi eterni. Al di là della classe di priorità, le tempistiche per visite ed esami sono l’emblema di un sistema in forte difficoltà. Mentre un quarto degli “intervistati” ha effettuato la visita nell’arco di un mese dalla prenotazione, un altro 26% ha atteso da 1 a 3 mesi e il restante 49% da 4 mesi a più di un anno.
Grado di soddisfazione. L’ultima domanda del questionario contempla di fatto un giudizio sull’operato delle Ulss nell’ambito della prenotazione di visite o esami. In una scala da 1 (per niente soddisfatto) a 6 (molto soddisfatto) si nota una netta distinzione fra chi ha prenotato tramite il Cup e chi è stato costretto a prenotare privatamente. Nel primo caso il 69% del campione promuove con un voto da 4 a 6 il servizio. Fra chi ha prenotato privatamente, il 56% è palesemente insoddisfatto manifestando un voto fra 1 e 3.
I timori dei sindacati. «I risultati del questionario dimostrano quanto il problema delle liste d’attesa sia diffuso e sentito, e confermano purtroppo i nostri timori», commentano Elena Di Gregorio (Spi Cgil), Tina Cupani (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp), «le liste d’attesa rappresentano una delle più rilevanti criticità del sistema sanitario regionale, aggravata ovviamente dai ritardi accumulati a causa della pandemia. Prendiamo atto che nell’incontro del 26 giugno, per la prima volta la Regione ha ammesso che il problema c’è ed è molto complesso. Come prendiamo atto che la Regione ci dice che sono oggi a buon punto con lo smaltimento delle prestazioni più urgenti, fino a 10 giorni, mentre da settembre parte il piano di recupero delle altre. Ma la nostra indagine dimostra che si deve fare di più».
«La cosa più allarmante è che alcuni, per i tempi e per i costi, rinunciano direttamente alla prestazione sanitaria, con conseguenze che possono essere a volte letali», denunciano le segretarie, «la mancanza di personale è uno dei fattori principali che condizionano l’erogazione delle nuove prestazioni e il recupero delle vecchie: la Regione deve attivare ulteriori interventi strutturali, a partire dall’indispensabile assunzione di personale sanitario».
«Con questa campagna - concludono le segretarie di Spi, Fnp e Uilp del Veneto – abbiamo voluto riportare in evidenza il tema delle liste d’attesa con un quadro reale dell’esperienza degli utenti e informare i cittadini sui loro diritti, a partire dai “percorsi di tutela” che, almeno sulla carta, esistono. Sono percorsi di accesso alternativi alle prestazioni specialistiche, in caso di superamento del tempo massimo di attesa: il cittadino avrebbe la possibilità di richiedere l’erogazione della prestazione nell’ambito di attività libero-professionale intramuraria, partecipando al costo solo con una quota pari al ticket».
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