I sindacati dei pensionati chiedono più attenzione per chi deve immunizzarsi a casa
Quella che secondo la narrazione unilaterale della Regione è una macchina perfetta, si sta dimenticando di far salire a bordo proprio la parte più vulnerabile della popolazione, le persone fragili e in particolare gli anziani non autosufficienti. È questa l’accusa che i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil rivolgono alla Regione, di fronte alla mancata vaccinazione di tanti che attendono l’immunizzazione a domicilio.
Secondo alcuni dati pubblicati nei giorni scorsi, tre veneti fragili e disabili su dieci risultano ancora non vaccinati e gli stessi sindacati stanno ricevendo testimonianze molto preoccupanti su questo fronte. «Fortunatamente qualcuno a livello veneto ha cominciato a domandarsi come mai tanti anziani fragili non si siano ancora vaccinati – attaccano le segretarie generali dei pensionati veneti, Elena Di Gregorio (Spi Cgil), Vanna Giantin (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp Uil) -. La verità è che la vaccinazione a domicilio presenta ancora tante crepe e ce lo raccontano molti familiari di persone anziane che non possono muoversi di casa. Nonostante risultati significativi sulla vaccinazione, è allarmante che si stia escludendo dall’immunizzazione proprio quella fetta di popolazione che ne avrebbe più bisogno. Allora - proseguono i sindacati -, poniamo noi alcune domande dirette al Presidente e all’Assessora Lanzarin: stanno funzionando le Usca? Quante sono? Su quanto personale possono contare? E come si sta sostenendo la vaccinazione a domicilio da parte dei medici di base? Allo stato attuale, sappiamo poco o nulla sull’organizzazione».
Le segreterie regionali dei sindacati rilevano pure come le Ulss non siano in grado di dare risposte in merito alla vaccinazione a domicilio nemmeno ai familiari delle persone interessate che chiamano incessantemente. «Chiediamo alla Regione di pensare meno alla propria autopromozione e alla vaccinazione dei turisti - concludono Spi, Fnp e Uilp - perché ai cittadini non interessa la gara a chi arriva primo. Si dedichi invece a quei soggetti vulnerabili e non autosufficienti che dovevano essere i primi destinatari delle dosi, anche nella consapevolezza che se vengono lasciati indietro non ci potrà essere sicurezza per nessuno».
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